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Savonarola, Giròlamo.

Frate domenicano. Ricevette la sua prima educazione dal nonno paterno, professore all'università di Padova e medico alla corte degli Estensi a Ferrara. Entrato nell'Ordine domenicano nel 1475, fu dapprima nel convento di San Domenico a Bologna, in seguito (dal 1482) nel convento di San Marco a Firenze. Tra il 1487 e il 1490 soggiornò a Ferrara, Genova e Brescia, per far ritorno a Firenze nel 1490 per intervento di Lorenzo de' Medici. Lì divenne priore (1491) del convento di San Marco, dando avvio a una vasta riforma dell'Ordine domenicano toscano che portò alla separazione di questo dalla congregazione lombarda. Sin dal suo primo soggiorno fiorentino S. aveva raggiunto una notevole popolarità, soprattutto in virtù delle sue prediche infuocate contro la corruzione della Chiesa del tempo, per la quale profetizzava un'imminente rovina: la discesa in Italia di Carlo VIII nel 1494, nella quale molti videro la realizzazione della profezia del frate secondo cui un nuovo Ciro sarebbe giunto d'oltralpe per punire l'Italia per la sua corruzione, non fece altro che aumentare questa popolarità; quando, poi, Carlo VIII rinunciò a occupare Firenze senza, peraltro, restaurare la Signoria medicea, fu opinione diffusa che era stata decisiva in questo senso l'azione del frate. Accadde così che S. acquistò ben presto e mantenne per qualche anno una notevole autorità, al punto che non solo la nuova Costituzione fiorentina del 1494 finì per accogliere diversi suoi suggerimenti, ma anche l'intera vita pubblica fu sottoposta a un vero e proprio Governo teocratico, con un rigido controllo sulla moralità dei cittadini e con il rogo pubblico per libri e quadri considerati immorali (i cosiddetti bruciamenti di vanità). Contro S. e i suoi seguaci, i cosiddetti Piagnoni, si coagularono, però, numerose forze oligarchiche (tra cui gli Arrabbiati e i Bigi): esse godettero dell'appoggio del pontefice Alessandro VI, che nel 1497 scomunicò S. e minacciò l'interdetto per Firenze. S. reagì intensificando i contatti per la convocazione di un concilio che dichiarasse il papa “simoniaco, eretico e infedele” e procedesse alla sua deposizione ma, a seguito di una sollevazione popolare successiva al mancato svolgimento di una prova del fuoco a cui il frate era stato sfidato, fu incarcerato e processato: l'ultima fase del processo fu condotta da due commissari pontifici che, dopo aver invano fatto ricorso alla tortura per estorcergli una confessione di colpevolezza, falsificarono gli atti, per dimostrare che S. aveva ammesso di essere un impostore. Condannato a morte, insieme a due confratelli, S. fu impiccato e il suo cadavere venne bruciato sulla piazza della Signoria (Ferrara 1452 - Firenze 1498).